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4.3 Adulti che educano: Insegnanti e genitori

La pratica quotidiana dimostra che l'insegnante ha un modo primordiale nel gestire e nell'insegnare a gestire le emozioni dei ragazzi. E' dunque di primordiale importanza seguire dalla prima infanzia, poi durante tutto il corso della scolarità, lo sviluppo del ragazzo ed aiutarlo ad affrontare le difficoltà, a guidarlo nella gestione delle sue emozioni, per arrivare ad un equilibrio tra la mente razionale e la mente emotiva. (J.Castex, 2000) 

E' importante ribadire quanto siano importanti gli adulti che circondano il bambino nell'intero processo di sviluppo sia emotivo che cognitivo. E' indispensabile che ogni adulto educatore ricordi costantemente di essere prima di tutto un modello per i bambini che ha intorno, e proprio per questo il modello educativo del tipo: "Fate quello che dico, ma non fate quello che faccio" è a dir poco improbabile! I bambini fanno solo ed esclusivamente quello che vedono fare ripetutamente dai propri caregiver; per questo imparano ad esprimere e a comprendere le emozioni dagli adulti che li circondano. Gli adulti che rivestono un ruolo importante nella vita dei bimbi, soprattutto piccolissimi, se vogliono aiutarli, dovranno vivere a pieno le propri emozioni, esserne consapevoli e gestire la propria espressività e le proprie azioni in base alle emozioni dei bambini.(Denham, 2001). Ecco, più in dettaglio, quanto è stato acquisito finora dalla ricerca su i tre aspetti fondamentali dell'interazione tra adulti e bambini, cioè: 

1. espressività degli adulti 

2. addestramento alle emozioni 

3. reazioni degli adulti alle emozioni dei bambini. 

1. Espressività degli adulti 

I bambini che hanno rapporti con adulti più positivi dal punto di vista emotivo tendono a essere più positivi essi stessi nei confronti dei coetanei; invece, l'atteggiamento manifestato nella scuola materna dai figli di genitori più negativi sembra associato ad una minore competenza sociale. Gli adulti che riferiscono di sapersi mantenere emotivamente positivi nelle circostanze problematiche allevano bambini più abili nella comprensione delle emozioni. 

2. Addestramento alle Emozioni esercitato dagli adulti 

Gli adulti più capaci di effettuare ai bambini un addestramento alle emozioni, li aiutano a comprendere meglio le emozioni stesse e a dimostrarsi più competenti socialmente nell'ambito della scuola materna.I bambini anche se così piccoli, possono 'fiutare' la differenza tra essere tiranneggiati o essere redarguiti mediante il linguaggio emotivo, per cui non tutti i discorsi emotivi hanno lo stesso valore! 

3. Reazioni degli adulti alle emozioni dei bambini 

Le reazioni degli adulti alle esibizioni emotive dei bambini sono importanti, poiché i bambini le generalizzano alla propria espressività e le usano per costruire la propria conoscenza delle emozioni. Per esempio, scoraggiare nei bambini le emozioni dicendo loro: “Smettila di piangere!”, è un potente deterrente contro l'autoriflessione sulle emozioni e rappresenta quindi un ostacolo alla conoscenza delle emozioni. Prestare attenzione e fornire un rinforzo positivo alle emozioni dei bambini, accettandole, prendendone atto e reagendo in modo tale da soddisfare le loro esigenze pratiche può spianare la strada a un migliore apprendimento delle emozioni, che si riflette poi nella competenza sociale. 

Possiamo concludere che: per garantire un allenamento emotivo valido e' necessario che le insegnanti abbiano a loro volta una buona competenza emotiva. Nessuno e' in grado di insegnare ciò che non conosce! Le ricerche hanno confermato che quando gli adulti lavorano con le proprie emozioni, sono in grado di accompagnare e velocizzare il processo di Sviluppo dell'I.E. dei bambini di cui si prendono cura. Il profilo ottimale dei programmi di alfabetizzazione emozionale è di iniziare presto, di essere adeguati all'età, di essere svolti in ogni anno scolastico e di coordinare gli sforzi a scuola, a casa e nella comunità (M.J.Elias, L.Hunter e J.S.Kress, 1997). "Che ci sia o meno un corso esplicitamente dedicato all'alfabetizzazione emotiva può essere molto meno importante del modo in cui queste lezioni vengono insegnate. Non c'è forse materia come questa nella quale la qualità degli insegnanti conti così tanto; il modo in cui un insegnante gestisce la classe è infatti in se stesso un modello, una lezione di fatto, di competenza emozionale o della sua mancanza. Ogni atteggiamento di un insegnante nei confronti di un allievo è una lezione rivolta ad altri venti o trenta studenti". Non tutti gli insegnanti, per il loro carattere, sono portati a insegnare le emozioni, poiché e' necessario "sentirsi a proprio agio nel parlare dei propri sentimenti e non tutti lo sono ne vogliono esserlo... Poco o nulla nella formazione consueta degli insegnanti li prepara a questo genere di insegnamento" (Goleman, 1996, pg. 322-323). Per queste ragioni, i programmi di alfabetizzazione emozionale in genere prevedono per i futuri docenti un addestramento speciale ed impegnativo in cui prima di tutto ci si mette in gioco in prima persona e, prima di ogni altra cosa, si entra a contatto con le proprie emozioni. 

Programmi per la scuola di base 

Un principio primario di I.E. è che le relazioni premurose costituiscono il fondamento di un apprendimento del tutto genuino e durevole (National Center for Innovation and Education, 1999). Un momento di riflessioni sulle proprie esperienze educative rivelerà la verità fondamentale di questo punto di vista. Noi tutti abbiamo imparato in condizioni avverse, ma non è il miglior modo di produrre un regolare e durevole apprendimento: per questo c'è bisogno di portare i sistemi educativi in linea con questa realtà. 

Nonostante l'I.E. abbia ricevuto recentemente molta attenzione, il concetto non è nuovo. A proposito di educazione, vorrei ricordare che John Dewey che, nel 1938, studiando la natura delle aule scolastiche ed arrivando alla conclusione che dovevano essere luoghi dove gli studenti potessero imparare la democrazia, mise in evidenza come le abilità emotive sono necessarie per preservare la democrazia stessa, come lo stato riflessivo della mente sia necessaria per accrescerla ed un buon clima sociale ed emotivo siano necessari per trasmetterla. Nei primi anni '90, gli Educatori alla Responsabilità Sociale portarono il lavoro di Dewey e gli altri ad un livello successivo che richiedeva alle scuole di rendere tutti i bambini socialmente impegnati e responsabili (S.Barman, 1990). 

Fu identificato un insieme di abilità che permetteva ai bambini di muoversi nel mondo come studenti e come cittadini, comprese:

  • la capacità di partecipare al gruppo

  • la capacità di prendere decisioni

  • la consapevolezza sociale. 

Questo lavoro cominciò ad integrare conoscenze teoriche ed empiriche che portarono nuove idee nella corrente educativa principale. Nonostante questo quadro storico, e' stata la recente ricerca di Mayer e Salovey combinato con l'enorme diffusione del testo di Goleman, che ha reso l'I.E. e le sue applicazioni argomenti all'ordine del giorno delle istituzioni pubbliche, professionali e scientifiche. Nel 1994 fu fondato da Daniele Goleman ed Eileen Rockefeller Growald il "Collaborative to Advance Social and Emotional Learning" (CASEL) per far riconoscere l'Apprendimento Sociale ed Emotivo (SEL) come una parte essenziale dell'istruzione dalla fase prescolare al liceo. CASEL ha portato a termine il suo lavoro promuovendo la scienza del SEL aiutando a preparare ed allenare gli educatori e creando reti di scienziati, educatori, politici e cittadini interessati. CASEL non si limita alla promozione di SEL nelle scuole statunitensi, ma e' anche un centro internazionale con collaborazioni nelle scuole della Danimarca, Svezia, Israele e Gran Bretagna. Negli ultimi dieci anni c'è stato un aumento di interesse verso i programmi per la scuola di base concentrati sulle abilità dell'I.E. (Salovey & Sluyter, 1997). 

Ad esempio, in una guida per lo sviluppo di allenamenti emotivi per studenti della Scuola Elementare, Schilling (1996) raccomanda lezioni su:

- l' autoconsapevolezza 

- i sentimenti direttivi 

- la presa di decisione 

- la gestione dello stress 

- la responsabilità personale 

- la concezione di se' 

- l'empatia 

- la comunicazione

- le dinamiche di gruppo

- la risoluzione del conflitto

Molti interventi sull'I.E. per bambini in età scolare si svolgono all'interno di altri programmi di prevenzione più specifici. Un buon esempio è il Resolving Conflict Creatively Program (RCCP) che cominciò una decina d'anni fa nelle scuole pubbliche di New York (Lantieri & Patti, 1996). Gli obiettivi del programma comprendono: sviluppo della consapevolezza delle diverse scelte disponibile per il bambino che deve trattare un conflitto lo sviluppo delle abilità per fare queste scelte l'incoraggiamento del bambino al rispetto per il proprio background culturale e per quello degli altri l'insegnamento di come identificare e resistere contro il pregiudizio lo sviluppo della consapevolezza dei bambini del loro molo nel creare un mondo in pace. 

Per sintetizzare, possiamo dividere i programmi per la scuola di base per bambini delle Elementari e per Adolescenti, in sei tipi principali (M.J.Elias, L.Hunter e J.S.Kress,1997): 

a) Strategie organizzative School-level: puntano ad aiutare le relazioni collaborative e produttive fra i tutori della comunità scolastica (amministratori, insegnanti, genitori, e studenti). Queste relazioni possono aiutare la scuola a coordinare i suoi sforzi di prevenzione e a creare un clima che contribuisca alla promozione della salute mentale. 

b) Programmi di prevenzione concentrati sul clima e la struttura della classe che cercano di migliorare i risultati scolastici degli studenti e i loro comportamenti sociali; tentano di realizzare questo obiettivo aumentando le opportunità della classe di partecipare attivamente all'apprendimento e promuovendo lo sviluppo di relazioni di supporto con gli adulti e i pari. 

Tutti questi programmi condividono un focus comune sullo sviluppo e sul miglioramento dell'autocontrollo dei bambini, della gestione dello stress, del problem-solving e delle capacità decisionali, così come della costruzione della loro consapevolezza affettiva e delle capacità riflessive. 

c) Programmi mirati alla prevenzione che hanno come bersaglio un più specifico focus rispetto ai programmi discussi finora e puntano a prevenire comportamenti problematici come: l'abuso di sostanze, i comportamenti sessuali ad alto rischio o la violenza. 

d) Programmi che comprendono l'educazione alla salute e che sono destinati a promuovere la salute mentale e fisica degli studenti e a prevenire quei comportamenti che compromettono la salute (per es., comportamenti sessuale ad alto rischio, fumo e uso di sostanze) (S.H.Kender, C.L.Perry & K.Klep, 1993). 

e) Strategie di prevenzione Multicomponenti che hanno svariati campi d'azione e sono generalmente utilizzate a livello di distretto scolastico o di comunità oppure su entrambi.

I diversi programmi di prevenzione per la scuola di base, descritti da Weissberg e Greenberg (1997) e CASEL condividono un'attenzione comune al miglioramento della vita dei bambini e alla prevenzione di comportamenti problematici. I programmi, in ogni caso, differiscono nell'estensione del coinvolgimento dell'intera comunità scolastica in questi sforzi. In generale, sembra che i programmi più estesi abbiano più probabilità di avere un impatto durevole sulle conseguenze sociali, emotive e sull'apprendimento dei bambini.