4.2 L'intelligenza emotiva nei bambini
Goleman (1995) afferma che la famiglia è il primo contesto in cui apprendiamo insegnamenti riguardanti la vita emotiva. L'educazione emozionale opera non solo attraverso le parole e le azioni dei genitori indirizzate direttamente al bambino, ma anche attraverso i modelli che essi gli offrono mostrandogli come gestiscono i propri sentimenti e la propria relazione coniugale. Il modo con cui i genitori trattano i bambini ha profonde e durevoli conseguenze per la loro vita emotiva. Avere genitori intelligenti sotto il profilo emotivo è una fonte di grandissimo beneficio per il bambino. I genitori possono talvolta avere comportamenti inadeguati nei confronti del bambino.
Essenzialmente, sono tre i tipi di comportamento non adeguati dei genitori:
Ignorare completamente i sentimenti: tali genitori trattano il turbamento emotivo del bambino come se fosse una cosa banale o una seccatura della quale aspettare la naturale estinzione. Essi non riescono ad approfittare dei momenti carichi di valenze psicologiche per avvicinarsi al bambino o per aiutarlo ad apprendere alcune competenze emozionali;
Assumere un atteggiamento troppo incline al “lasciar fare”: questi genitori notano i sentimenti del bambino, ma ritengono che qualunque strategia egli adotti per gestire la sua tempesta interiore- anche lo scontro fisico- vada bene. Come quelli che ignorano i sentimenti del bambino, anche questi genitori raramente intervengono per cercare di mostrare al proprio figlio una risposta alternativa. Essi cercano di calmare ogni turbamento e pur di ottenere che il bambino smetta di essere triste o in collera, si metteranno a mercanteggiare e ricorreranno alle lusinghe;
Essere sprezzanti, mostrando di non avere rispetto alcuno per i sentimenti del bambino: questi genitori di solito hanno un atteggiamento di disapprovazione e sono duri sia nelle critiche che nelle punizioni.
Uno dei fondamentali insegnamenti emozionali per un bambino è il saper distinguere i diversi sentimenti; questa abilità si sviluppa con l'età ( Elksnin & Elksnin, 2003): i bambini di tre anni possono identificare con precisione la tristezza, la felicità e la paura utilizzando segnali non verbali come le espressioni facciali, i gesti e la voce (Nabuzoka & Smith, 1995).
I bambini che imparano a gestire le proprie emozioni e a controllare i propri istinti tollerano meglio le situazioni stressanti, imparano a comunicare meglio i propri stati emozionali e sono in grado di sviluppare relazioni positive con la famiglia e gli amici; ottengono inoltre più successi a scuola, a lavoro e nella vita (Elias & Weisberg, 2000; Elias, Zins, Weissberg, Frey, Greenberg, Haynes, Kessler, Schwab-Stone & Shriver, 1997; Payton, Wardlaw, Graczyk, Bloody, Trompsett & Weissberg, 2000).
Mischel e Ebbeson (1970) dimostrarono quanto fosse fondamentale la capacità di reprimere le emozioni e di resistere all'impulso. Il compito a cui sottoposero bambini di quattro anni era il seguente: i bambini dovevano aspettare il ritorno dell'esaminatore senza mangiare le caramelle lasciate lì nella stanza; se fossero stati in grado di resistere fino al ritorno dell'esaminatore avrebbero avuto in premio due caramelle; se invece non avessero potuto aspettare avrebbero avuto una caramella subito.
Lo studio, di tipo longitudinale, dimostrò che i bambini che all'età di quattro anni avevano resistito alla tentazione, da adolescenti mostravano una maggiore competenza sociale; erano efficaci a livello personale, sicuri di sé e in grado di fronteggiare le frustrazioni della vita. Essi accettavano le sfide e perseguivano i propri obiettivi senza rinunciare nemmeno di fronte alle difficoltà e rinviando la gratificazione; avevano fiducia in se stessi ed erano a loro volta percepiti dagli altri come degni di fiducia. I soggetti che invece a quattro anni non avevano resistito alla tentazione (erano circa il 30% del gruppo) avevano da adulti un profilo psicologico relativamente più problematico.
Molti scansavano i contatti sociali a causa della timidezza; erano facilmente turbati dalle frustrazioni, testardi e indecisi, si ritenevano privi di valore, erano diffidenti e risentiti perché convinti di "non ottenere abbastanza"; erano soggetti all'invidia e alla gelosia e reagivano all'irritazione in modo tagliente, innescando liti e conflitti. Inoltre, non erano capaci di rinviare le gratificazioni. Chi da piccolo si era dimostrato paziente diventava uno studente di gran lunga migliore rispetto a quelli che non avevano saputo aspettare; si dimostrava molto più competente sul piano scolastico. L'importanza dell'intelligenza emotiva nel successo scolastico è stata confermata anche in tempi più recenti (Downey, Mountstephen, Lloyd, Hansen & Stough, 2008; Lam & Kirby, 2002; Salovey, Bedell, Detweiler & Mayer, 2000).
A tal proposito, in tempi recenti sono stati anche sviluppati programmi per insegnare a scuola le emozioni. Goleman (1995) descrive l'esperienza di una scuola elementare di San Francisco in cui viene insegnata la Scienza del Sé che ha come oggetti di studio i sentimenti, sia i propri che quelli che scaturiscono nel rapporto con gli altri. Questi corsi di alfabetizzazione emozionale hanno come obiettivo alzare il livello di competenza sociale ed emozionale nei ragazzi come parte della loro istruzione regolare. I contenuti dell'insegnamento comprendono l'autoconsapevolezza (cioè la capacità di riconoscere i sentimenti e di costruire un vocabolario per la loro verbalizzazione), cogliere i nessi tra pensieri, sentimenti ed emozioni, sapere se si sta prendendo una decisione in base a riflessioni o a sentimenti, prevedere le conseguenze di scelte alternative, applicare queste conoscenze a decisioni su temi come le droghe, il fumo o il sesso. L'importanza di questi programmi di apprendimento dell'intelligenza emotiva sono stati anche confermati da Vandervoort (2006), Uluta5 & Dmero§lu (2007).
L’intelligenza emotiva a scuola
Imparare ad osservare le emozioni senza farsi assorbire aiuta ad essere più lucidi e consapevoli, lasciarle fluire senza schiacciarle da' forza ed energia, accettare l'alternanza della gioia e del dolore godendo e utilizzando tutte le nostre esperienze, porta energia all'interno, invece di sprecarla inutilmente. In generale, nella nostra società questo aspetto è però completamente ignorato, lasciando gli individui nella più completa barbarie emozionale, con un aumento esponenziale della violenza e della rabbia determinato dalla miscela esplosiva composta dai desideri insoddisfatti e dalla repressione. Viviamo in una società in cui la circolazione delle informazioni e' massimo e il contatto interpersonale e' ridotto al minimo: non solo tra pari, ma soprattutto tra genitori e figli. Questa mancanza rischia di portarci ad un analfabetismo emotivo a dir poco preoccupante: noi impariamo, infatti, le lezioni fondamentali sull'emotività, propria ed altrui, solo dalla relazioni interpersonali. Per questo motivo, è estremamente importante che l'adulto (il caregiver), che accompagna lo sviluppo del bambino e lo educa sia presente quotidianamente e accompagni la sua evoluzione, giorno per giorno. Spesso, questo non si verifica perchè entrambi i genitori lavorano e la famiglia allargata non è più la struttura sociale più diffusa e, sempre meno, i nonni rappresentano un punto di riferimento stabile e quotidiano. Allora, ecco che diventa più che mai importante che nelle Istituzioni Scolastiche si dia spazio allo sviluppo delle competenze emotive fin dalla più tenera età, dal Nido d'Infanzia, fino ad arrivare alle Scuole Superiori, poiché lo sviluppo emotivo comincia appena nati, ma non si completa fino alla maturità, e non tutti gli adulti arrivano ad essere "emotivamente intelligenti".
Ripartiamo da capo: cosa vuole dire essere educato? La visione corrente è quella che essere educato comporti essere bene informato, responsabile, premuroso e, molti aggiungerebbero, non violento (M.J.Elias, J.Zins, R.P.Weissberg & al, 1997). Vuole dire che la tradizionale attenzione sulle abilità intellettuali - QI - deve essere integrata da un forte interesse per le abilità sociali ed emotive: le abilità dell'I.E. — EQ. Proprio per questo ha senso introdurre l'I.E. tra le materie scolastiche e, come ricorda Goleman:
"Poiché a moltissimi giovani il contesto familiare non offre più un punto d'appoggio sicuro nella vita, le scuole restano il solo istituto al quale la comunità può rivolgersi per correggere le carenze di competenza emozionale e sociale dei ragazzi... poiché quasi tutti i bambini vanno a scuola, almeno all'inizio, la scuola è un luogo che permette di raggiungere ognuno di essi e di fornirgli lezioni fondamentali per la vita che, altrimenti, non potrebbe mai ricevere".(Goleman,1996)
Proprio perché la maggior parte dei bambini vanno a scuola, ha senso focalizzare gli sforzi sulla promozione della competenza sociale e la prevenzione di comportamenti problematici proprio a scuola (M.J.Elias et al., 1997). Le scuole sono anche un luogo ideale per la prevenzione perché la ricerca indica che un basso rendimento scolastico è un fattore di rischio notevole per un gran numero di comportamenti problematici come l'abuso di droghe e la delinquenza (R.P.Weissberg & M.T.Greenberg, 1997).
In questo modo gli sforzi di prevenzione nella scuola di base possono proteggere contro lo sviluppo di comportamenti problematici così come possono promuovere la salute mentale. In conclusione, sappiamo che
- l'apprendimento delle abilità emotive comincia a casa
- i bambini entrano a scuola con diversi "punti di partenza emotivi" (J.Mayer e P.Salovey, 1997)
- l’intelligenza emotiva è composta da un set di attività
- la maggior parte delle abilità dell'I.E. possono essere migliorate attraverso l'educazione (J.Mayer e P.Salovey, 1997) pertanto, sarebbe importante che le scuole affrontassero la sfida di insegnare, nonché di aggiustare, le abilità emotive dei loro scolari. Questa sfida può essere sostenuta introducendo l'alfabetizzazione emotivo tra le materie scolastiche, nonché creando un clima scolastico che favorisca lo sviluppo e l'applicazione delle abilità emotive.
L'Alfabetizzazione Emotiva
Lo scopo dell'I.E., dicevamo, è quello d'insegnare a gestire in modo intelligente le proprie emozioni, così che siano di supporto e di guida al proprio comportamento ed al proprio pensiero. In questo senso si parla di alfabetizzazione emotiva. L'alfabetizzazione emotiva e' un processo del tutto simile a quello di alfabetizzazione nel senso classico del termine che ha portato, all'inizio del Secolo scorso, la maggioranza degli Italiani a napea leggere e scrivere. Come dicono Dan Kindlon e Michael Thompson (2000) nel loro "Intelligenza Emotiva per bambino che sarà uomo":
"Insegnare l'alfabeto delle emozioni per aiutare i ragazzi a diventare giovani uomini equilibrati e sereni... la capacità di leggere e comprendere le proprie emozioni e quelle degli altri. Questo processo e' molto simile a quello nel corso del quale si impara a leggere... Analogamente, l'alfabetizzazione emotiva comporta il riconoscimento dell'aspetto e delle sensazioni associati alle nostre emozioni, e in un secondo tempo l'uso di tali abilità per comprendere meglio noi stessi e gli altri. Impariamo così ad apprezzare la complessità della vita emotiva e questo migliora le nostre relazioni personali e professionali, aiutandoci a rafforzare i legami che arricchiscono la nostra vita." (Kindlon e Thompson, 2000)
La vita emotiva è un'area che, come sicuramente accade nel campo della matematica o della lettura può essere gestita con maggiore o minore abilità e richiede un insieme di competenze esclusive.
Ecco come Goleman enfatizza l'importanza dell'educazione emotiva:
"Il rimedio è nel modo in cui prepariamo i bambini alla vita: non dobbiamo lasciare l'educazione emozionale al caso, ma adottare corsi innovativi a scuola, che insegnino l'autocontrollo, l'autoconsapevolezza, l'empatia, l'ascolto e la cooperazione. E' necessaria quindi una vera e propria "alfabetizzazione emozionale" che poni i bambini a vivere con intelligenza le proprie emozioni " (Goleman, 1996).
L'I.E., a differenza del QI, può essere potenziata per tutta la vita: tende ad aumentare in proporzione alla consapevolezza degli stati d'animo, alla capacità di gestione delle emozioni che provocano sofferenza, al maggiore affinamento dell'ascolto e dell'empatia. La maturità stessa riguarda il processo attraverso il quale si diventa più intelligenti circa le nostre emozioni e le nostre relazioni. L'osservazione ha dimostrato che i risultati migliori in tutti i settori sono ottenuti da chi riesce ad usare consapevolmente lo strumento di precisione più efficace che la natura ci ha dato: le emozioni. Ma, per potenziare o acquisire questa abilità è necessario l'esercizio: ecco allora perché si parla di Allenamento Emotivo.
L'Allenamento Emotivo
John Gottman (1997) nel suo manuale per genitori dal titolo "Intelligenza Emotiva per un figlio" definisce l'Allenamento Emotivo come la base per una buona educazione dei propri figli e che lo suddivide in cinque fasi-chiave :
1. essere consapevoli delle Emozioni del Bambino;
2. riconoscere nell'Emozione una opportunità di intimità e di insegnamento;
3. ascoltare con Empatia e convalidare i sentimenti del Bambino;
4. aiutare il Bambino a trovare le parole per definire le Emozioni che prova;
5. porre dei limiti, mentre si aiuta il Bambino a risolvere il problema.
Questi cinque passi sono effettivamente molto efficaci, anche quando si va a formare gli insegnanti che saranno a contatto con i bambini nel loro percorso di crescita perché per essere degli Allenatori Emotivi e' molto importante applicare questi cinque passi prima di tutto a se stessi e alle proprie emozioni. John Gottman, nelle righe riportate poco sotto, ci illustra diverse buone ragioni per prendere sul serio l'ipotesi di una alfabetizzazione emotiva non solo a casa, ma soprattutto nelle scuole.
"...I nostri studi dimostrano che i figli emotivamente allenati ottengono migliori risultati a scuola, stanno meglio in salute e stabiliscono relazioni più positive con i coetanei. Hanno anche minori problemi di comportamento, e riescono a recuperare più rapidamente dopo esperienze negative. L'intelligenza emotiva che hanno acquisito permette loro di essere più preparati ad affrontare i rischi e le sfide che li attendono nella vita."
Io aggiungerei che l'Allenamento Emotivo e' lo strumento che può far sperimentare ai bambini e ai ragazzi l'uso delle proprie emozioni come strumenti di benessere, sicurezza e gioia, accantonando definitivamente l'idea che l'emozione sia uno spauracchio da cui fuggire, nascondersi o di cui vergognarsi.
L'Analfabetismo Emotivo
Avere un basso EQ, una scarsa competenza emotiva può portare notevoli disagi sociali, relazionali, personali, per la propria vita e per quella della collettività:
- mancanza di consapevolezza e quindi di controllo e di gestione delle proprie emozioni e dei comportamenti ad esse connessi.
- mancanza di consapevolezza delle ragioni per le quali ci si sente in un certo modo
- incapacità a relazionarsi con le emozioni altrui non riconosciute e non rispettate — e con i comportamenti che da esse scaturiscono.
Per questo l'analfabetismo emotivo può espone ragazzi ed adolescenti ad una pericolosa serie di rischi, dai più gravi quali: depressioni, violenza, disturbi alimentari, droga, ai problemi di apprendimento e, nei casi meno gravi, i problemi unicamente emozionali, quali: nervosismo, impulsività e aggressività, solitudine. Spesso e proprio la prevenzione a questi rischi che sollecita lo svolgimento di percorsi di Alfabetizzazione Emotiva o addirittura l'introduzione dell'I.E. tra le materie curricolari.
Allora vediamo quali sono gli effetti di questi interventi.
Gli effetti positivi dell'Alfabetizzazione Emotiva
Negli Stati Uniti si è verificato che i ragazzi che hanno seguito i corsi di Alfabetizzazione Emotiva ne hanno tratto un esteso beneficio per la loro condotta dentro e fuori la classe e per la loro capacità di apprendimento. Si e' verificato un miglioramento in tutti le aree classiche dell'I.E. (Goleman, 1996, pg.327-328)
Nell'Autoconsapevolezza Emotiva si é verificato un miglioramento:
• delle capacità di riconoscere e denominare le proprie emozioni
• di comprendere le cause dei sentimenti
• di riconoscere la differenza tra sentimenti e azioni
Nel Controllo delle Emozioni si e' verificato un miglioramento:
-
della sopportazione della frustrazione e controllo della collera
-
della capacità di esprimere adeguatamente la collera, senza combattere
-
della capacità di affrontare lo stress
-
della condotta che e' diventata meno aggressiva o autodistruttiva inoltre, si sono rilevati:
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una minor frequenza di umiliazioni verbali, scontri e disturbi in classe
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una minor solitudine e ansia nei rapporti sociali
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un minor numero di sospensioni ed espulsioni
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sentimenti più positivi sul proprio io, sulla scuola e sulla famiglia
Nell'Indirizzare le Emozioni in senso produttivo si sono rilevati:
-
un maggior senso di responsabilità
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una maggior capacità di concentrarsi sul compito che si ha di fronte e di fare attenzione
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una minore impulsività, maggiore autocontrollo
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migliori risultati nelle prove scolastiche
Nell'Empatia e nel Leggere le Emozioni si e verificato un miglioramento delle capacità di:
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assumere il punto di vista altrui
-
ascoltare gli altri
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analizzare e comprendere i rapporti
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risolvere i conflitti e negoziare i contrasti
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risolvere i problemi nei rapporti e si è rilevata una maggiore:
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sensibilità verso i sentimenti altrui
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sicurezza di sé e capacità di comunicare
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simpatia e socievolezza; comportamento più amichevole con i coetanei e maggior legame reciproco
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interesse da parte dei coetanei
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interesse e premura verso gli altri
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spirito di condivisione, di collaborazione e di disponibilità a rendersi utili agli altri
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democrazia nel trattare con gli altri
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disposizione alla collaborazione in gruppo nonché un minor individualismo.
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