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1.2 Bullismo e cuberbullismo

l bullismo è un fenomeno che riguarda indistintamente ragazzi e ragazze.
Il termine, che deriva dalla parola inglese “bullying” e il cui significato è letteralmente “intimorire”, rimanda molto spesso al pensiero che sia qualcosa prettamente riferito al sesso maschile. Al contrario, il bullismo “rosa”, ossia quello attuato tra ragazze, è un fenomeno in forte espansione. In questo caso le prepotenze riguardano essenzialmente l’area della relazione e agiscono attraverso una violenza più sottile e velata che molto spesso è difficile da individuare ed evidenziare agli occhi degli osservatori esterni.
La vittima si trova a subire, più che una violenza fisica, un’aggressione “psicologica”. Durante l’adolescenza ciò è più facile che accada poiché è una fase delicata in cui i ragazzi vivono maggiormente una situazione di fragilità.



«Ai fini di legge, con il termine «bullismo» si intende l'aggressione o la molestia reiterata, da parte di una singola persona o di un gruppo di persone, a danno di una o più vittime, al fine di provocare in esse sentimenti di ansia, di timore, di isolamento o di emarginazione, attraverso atti o comportamenti vessatori, pressioni e violenze fisiche o psicologiche, istigazione al suicidio o all'autolesionismo, minacce o ricatti, furti o danneggiamenti, offese o derisioni, anche aventi per oggetto la razza, la lingua, la religione, l'orientamento sessuale, l'opinione politica, l'aspetto fisico o le condizioni personali e sociali della vittima.» (dall’art. 1 comma 2 della proposta di legge 3139 del 2016).

Non si parla quindi di scherzi o litigi.
Lo scherzo ha un fine diverso: non viene compiuto con l’intento di ledere un altro, denigrarlo o umiliarlo, ma per ridere con qualcuno e non “di qualcuno”.
Al contrario, l’imposizione della propria forza e della propria volontà su un altro, attraverso l’uso di strumenti coercitivi, può determinare una vera e propria prepotenza.

 

CARATTERISTICHE PRINCIPALI


L'intenzionalità che è strettamente legata all'acquisizione di vantaggi, di prestigio e alla gratificazione e al divertimento personale nel veder soffrire gli altri, costituisce una delle caratteristiche principali di tale fenomeno. Il persecutore spesso prova piacere nell’insultare, picchiare o prevaricare una vittima, anche quando è evidente la difficoltà nella quale essa si trova.

La ripetitività della violenza costituisce un altro fattore importante: le prevaricazioni vengono reiterate nel tempo, tanto da fissare in modo statico i ruoli di bullo e vittima.

Tra le parti sussiste inoltre una spiccata asimmetria di potere: il bullo è qualcuno che ha un maggior potere rispetto alla vittima, a causa dell'età, della forza, della grandezza, del sesso a cui appartiene (in genere un maschio è più forte della femmina), o della sua popolarità all’interno del gruppo di coetanei.

In aggiunta, il grado di sensibilità della vittima alle violenze subite, inteso come vulnerabilità, fa sì che la stessa presenti delle caratteristiche fisiche o psicologiche che la rendano più incline alla vittimizzazione. A volte, questo porta gli altri a pensare che le vittime meritino di essere tali perché spesso assumono comportamenti provocatori e/o “diversi” dai compagni. Avallare tale pensiero significa adottare un deleterio meccanismo di disimpegno morale.  

Ad amplificare il tutto vi è anche il fattore di notorietà dell’atto, ossia la tendenza a far conoscere a quanti più possibile l’accaduto, sia per ottenere “rispetto” e “popolarità”, sia per mantenere costante, da parte del bullo, il proprio livello di potere, così da infondere negli altri una sensazione di paura.

E’ bene sottolineare che, se ci troviamo di fronte a situazioni in cui si verificano minacce pesanti, molestie o violenze, furto di oggetti costosi o uso di armi, non parliamo più di bullismo ma di veri e propri reati.